BIOGRAFIA
LE MIE ORIGINI
La nobiltà non è affatto un vanto. Almeno per noi uomini contemporanei. Qualcuno della famiglia prima di te si fece onore. Non è che Dogi e regnanti distribuissero corone e palle, così, alla cazzo. Dunque, la si deve indossare con umiltà, la nobiltà, ma nell’assoluto rispetto della gloria che fu. I Polesini divennero marchesi nel 1788, titolo concesso dal Senato Veneto, riconosciuto nel 1825 dall’Imperatore Francesco I e, nel 1928, dallo Stato Italiano.
L’avventura terrena dei Polesini ha una data non certa: 1257. Anno più anno meno, poco importa. Una dinastia sconfitta dalla Storia, nel 1947. Dall’Istria la fuga dei superstiti (bisnonno Benedetto, nonno Gianpaolo, papà Benedetto) dall’isola di San Nicola, di fronte all’italiana Parenzo, roccaforte del marchesato da metà Settecento. Non ce l’ho fatta a riportare in alto quel cognome. D’altronde nacqui saltimbanco non gladiatore.
(nella foto, Gianpaolo Polesini 1739-1829)
I MIEI PRIMI ANNI
Tutt’altro che un baby marchese. La ribellione dei baciamano alle vecchie contesse che puzzavano d’inizio Novecento, provocò in me l’inaspettata metamorfosi in un monello chapliniano.
Nella breve carriera d’infante vanto un lancio nel lago di Garda di una preziosa borsetta in seta, vari appostamenti sotto i tavoli a curiosare cosa ci fosse sotto le gonne delle commensali (anni 6), imbarazzi multipli di due poveri genitori inadatti a stoppare la fiera carriera barbara del giovanissimo Gian Paolo, Antonio, Francesco, Marquardo, Maria, scoprimento di parrucche, dentiere, arti posticci di vetusti nobiluomini, nonché infarti sfiorati con frequenti lanci di petardi nei luoghi più impensati.
Finché la mia faccia, un bel giorno, incontrò il deciso pugno del babbo. Un notevole destro che mi mandò al tappeto, fra le urla di mamma Ada: “Te lo ga copà!!!” (Me l’hai ammazzato!!!). Invece, mi rinforzai non poco. Hai visto mai?
Nella foto, con mio padre Benedetto (1915-1998)
MATURITÀ
Volevo fare l’attore e mi ritrovai giornalista. Nulla di grave, soltanto otto/nove ore di lavoro al giorno contro le due ore serali su un palcoscenico. Mi è andata dritta lo stesso. Come guitto avrei fatto la fame, almeno da scribacchino quattro Porsche me le sono messe in garage. Oddio, con qualche aiutino interno, ecco.
Fatto sta che dopo il Purgatorio della cronaca un direttore illuminato (Dio lo benedica) mi consegnò le chiavi della redazione cultura, poi andata a raméngo negli anni grazie a direttori meno illuminati, ma è meglio soprassedere, diceva Totò.
Mi sono alimentato di cinema, teatro e televisione nel modo più bulimico possibile per venticinque anni, ho conosciuto Nicole Kidman, Harrison Ford, George Clooney, Kevin Costner, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Mario Monicelli, Claudia Cardinale e centinaia di altri bei tipi e di belle tipe, finché stremato dalla gastrite sono precipitato nella scrittura libera (al diavolo tutti), un toccasana nel mondo del servilismo a oltranza, del precotto e del preconfezionato. Mi schianterò ugualmente, ma almeno da solo.
(Nella foto, intervista a Dario Fo al Carnera di Udine).